Un pollo in ogni pentola e due macchine in ogni garage
Come siamo arrivati all'epoca del pollo?
Sono circa 2 mesi che ho deciso di buttarmi in questo progetto, ma continuo a procastinare perché ho una gran ansia da prestazione. Anche ora che ho iniziato a scrivere, è più di un’ora che apro e chiudo evernote, instagram e gmail. Ho il timore di raccontare cose poco interessanti ed essere letto solo da persone già molto informate, tipo le mie colleghe.
Non posso scoraggiarmi e ripeto in loop il mio motto nec spe nec metu.
E poi adesso che il lavoro in Essere Animali è ben organizzato e delegato a persone molto brave, voglio dedicare tempo a progetti personali, per cui partiamo!
È chiaro, anche qui mi sono dato degli obiettivi che se non vengono raggiunti, si chiude. Life is too short for…
Animal farm News è divisa in tre parti, oltre a un articolo inedito ci sono due rubriche: Contenuti interessanti e Immagini che mi hanno colpito.
Per consigli e segnalazioni rispondi a questa mail o scrivi a cecc.francesco@gmail.com
La produzione di polli esplose in America nei Roaring Twenties, quei ruggenti anni ‘20 di boom economico dove gli americani, usciti ricchi dalla prima guerra mondiale, potevano permettersi di mangiare più carne. Gli avanzamenti tecnologici nel campo della refrigerazione e dei trasporti, la nascita delle prime catene di supermercati e i cospicui finanziamenti al comparto agricolo contribuirono ad aumentare la produzione e di conseguenza i consumi di carne.
La pietra fondativa della produzione intensiva di polli fu nel 1923 con la messa in commercio dell’incubatrice elettrica, una sorta di forno che mantenendo una temperatura vicino ai 40° fa schiudere le uova, senza che una galline le covi. In questo modo gli allevatori si liberarono dall'incombenza di scegliere e mantenere i riproduttori e di perdere quel periodo produttivo, nel quale la gallina cova le uova invece di deporne altre. Diventava così possibile esternalizzare questi compiti a un nuovo livello dell’industria, e migliaia di incubatori iniziarono a spedire i pulcini appena nati per posta.
Ho provato a cercare il nome dell’incubatoio che nel febbraio del 1923 consegnò a una casalinga del Delaware 500 pulcini invece dei 50 che aveva ordinato per il suo pollaio, ma non l’ho trovato. Alla storia è passata solo Celia Steele, colei che per “sbaglio” inventò gli allevamenti intensivi. La signora Steele si rifiutò di restituire i pulcini e li rinchiuse in un capanno di 25 m2 riscaldato da una stufa a carbone, e li alimentò aggiungendo al mangime integratori di vitamina D.
Secondo Emelyn Rude, autrice di Tastes Like Chicken: A History of America's Favorite Bird (Peagusus Books 2016), la vitamina D scoperta nel 1922, contribuì a risolvere il problema del rachitismo, una malattia che colpisce i polli tenuti al chiuso durante i mesi invernali e causata proprio dalla carenza di vitamina D per mancata esposizione alla luce solare. Da quando gli allevatori iniziarono a fortificare il mangime con la vitamina D, furono in grado di aumentare il numero di animali e allevarli tutto l’anno.
Dopo 4 mesi i polli di Steele erano pronti per essere macellati: dei 500 animali iniziali ne morirono oltre 100, comunque sufficienti per permettere alla casalinga di Delaware di farci un sacco di soldi, e da spingere il marito, David "Wilmer" Steele, a lasciare il lavoro nella Guardia Costiera. Nel giro di tre anni i due arrivarono ad allevare 10 mila polli, 250 mila nel 1935. La notizia del successo della famiglia Steele si diffuse e nel 1928 centinaia di agricoltori iniziarono ad allevare polli per la carne: prima di Steele, i polli venivano allevati solo per le uova e poi macellati quando la produzione calava.
Nota di cronaca nera: il 7 ottobre del 1940, Celia e David Steele, ormai diventati ricchi, lui senatore Repubblicano in carica, morirono a causa di un incendio mentre pescavano a bordo del loro yacht da 10 mila dollari (dell’epoca). Lei aveva 40 anni, lui 41.
Siamo all’alba della crisi del ‘29, quando il futuro Presidente degli Stati Uniti Herbert Hoover, preso bene dalla crescita economica e dall’espandersi dell’industria avicola, prometteva ai cittadini americani un “pollo in ogni pentola”. Non andò così. In questi anni di grande depressione economica e di restrizioni, causate anche dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale, l’allevamento dei polli continuò a crescere, ma lentamente.
Alcuni numeri utili per chiudere il capitolo e passare alla vera rivoluzione che ha stravolto il corpo di un volatile e dato via all’epoca del pollo. Nel 1925 in America c’erano più di 6 milioni di aziende agricole, che oltre a coltivare ortaggi, quasi tutte allevavano pollame. Oggi, gli oltre 9 miliardi di polli a stelle e strisce vengono allevati in 164 mila aziende.
Nel 1945, un concorso chiamato “Chicken of Tomorrow”, organizzato dall'USDA (Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti) con l'appoggio della catena di supermercati A&P e con il sostegno di tutte le principali associazioni di categoria, lanciò una sfida per creare “un pollo abbastanza grosso da sfamare tutta la famiglia, con un petto così spesso da poterlo tagliare in bistecche e cosce con ossa piccole e carne succosa, il tutto a un costo inferiore, anziché superiore”. L’iscrizione era aperta a tutti e si aveva un anno di tempo per “ideare” e allevare un pollo che possedesse i requisiti descritti nel bando di gara. Se riuscivano a superare il controllo qualità, i partecipanti dovevano poi dimostrare che la loro razza fosse riproducibile, allevando per tre anni un numero sufficiente di esemplari per un tot numero di generazioni.
I giudici valutarono i polli in base a 18 criteri e il 24 giugno 1948, su un palco addobbato con le carcasse di pollo dei 40 finalisti, venne premiato Charles Vantress, un allevatore della California che aveva creato un ibrido dalle piume rosse. Gli uccelli vincitori erano talmente produttivi che già nei primi anni Cinquanta quasi il 70% dei polli da carne sul mercato americano possedeva la loro genetica. La rapida diffusione di questi “polli di domani” causò l’estinzione di molte razze, che nel corso di generazioni di allevatori si erano adattate al territorio. Non erano solo gli animali a essere stati trasformati, ma l'intera struttura produttiva. Fu così che la genetica di questi polli, che nel frattempo vennero ribattezzati broiler = cucinare alla griglia, un nome un programma, iniziò a viaggiare per il mondo, accompagnata dai sistemi più intensivi per allevarli.
Dopo 70 anni, eccoci qui con 73 miliardi di polli macellati ogni anno nel mondo, le cui principali genetiche appartengono a due multinazionali, la Cobb-Vantress (quel nome vi ricorda qualcuno?) e la Aviagen. Come scrive il giornalista Dan Saladino: “Se le razze più antiche avevano un materiale genetico open-source formatosi nell’arco di migliaia di anni, gli uccelli giunti a dominare la produzione di pollame sono protetti da proprietà intellettuale”. L’allevatore è ora diventato un suddito dell’azienda che gli vende i pulcini: sia essa AIA, Fileni o la Tyson Food, sono loro che forniscono mangimi, danno assistenza veterinaria e sempre loro decidono quanto pagare i polli una volta cresciuti. Ormai il potere contrattuale degli allevatori è vicino allo zero.
E i polli dopo 100 anni come sono diventati?
Qualche anno fa, abbiamo installato una telecamera nascosta in un allevamento di Amadori nel cesenate, dove i polli erano a fine ciclo e a breve sarebbero stati macellati. A un certo punto entra nell’inquadratura un’operatrice che sta per iniziare il “giro dei morti”, per togliere le carcasse degli animali morti durante la notte. Come potete vedere nel video la donna incomincia a parlare con gli animali e ci offre, a mio avviso, la migliore descrizione delle condizioni dei polli negli allevamenti intensivi: “più morti, che vivi”. La selezione genetica ha talmente debilitato il corpo di questi uccelli, che ha reso la loro esistenza una sorta di catalessi continua.
Generalmente i polli vengono mandati al macello quando hanno 30/35 giorni (una mosca ne vive 28): in questo breve lasso di tempo raggiungono il peso di 2 kg, in pratica dei bodybuilder con lo scheletro di un bambino. Questa rapida crescita crea loro grossi problemi di salute, che proprio in questi giorni anche l’EFSA ha cristallizzato in un report.
Le nostre campagne sono piene di polli e ci accorgiamo di loro solo per l’olezzo che esce dai capannoni, ma quasi non ci siamo accorti che nell’ultimo anno ne sono morti decine di milioni colpiti dall’influenza aviaria. Luca Busani, del Dipartimento di Malattie Infettive dell'Istituto Superiore di Sanità, dice che, per un virus un allevamento di polli è come Disneyland, ma occhio a giocare con i virus.
La biomassa del pollame, soprattutto polli, è di circa tre volte superiore al peso di tutte le specie di uccelli selvatici messe insieme. Questa gigantesca biomassa di uccelli di un’unica specie non ha precedenti nella storia recente della Terra e forse anche nella sua storia geologica.
Alcuni archeologi ritengono che, quando le civiltà future scaveranno tra le nostre rovine non troveranno computer, aerei o grattacieli, ma ossa di pollo.
È tutto vero.
Contenuti interessanti
In Olanda scatta l’ultimatum per 3000 allevamenti o riducono drasticamente le loro emissioni o si chiude.
I pesci non esistono, un bell’articolo del Post ci spiega perché dal punto di vista scientifico chiamarli così è sbagliato.
Attivisti americani hanno nascosto una telecamera nella camera a gas di un macello dove stordiscono i maiali. Occhio, i video sono tremendi ma il pezzo è interessante, c’è anche la foto della telecamera installata.
La Polizia spagnola ha sequestrato un botto di coca che veniva portata in Europa su una nave che trasportava bovini vivi.
Un’azienda di energia rinnovabile ha rilasciato un’indagine sotto copertura! realizzata in un allevamento di salmoni in Scozia.
Un’immagine che mi ha colpito
Avevo scelto la foto del mega allevamento di maiali di 26 piani del villaggio cinese di Ezhou realizzata da Gilles Sabrié per il New York Times, ma invece pensandoci bene mi ha colpito di più questa di George Steinmetz (che ho conosciuto quest’estate a Perpignan al Visa) scattata durante il carico di pecore in un’asta a Wagga Wagga in Australia. Come scrive Steinmetz l’Australia rimane il più grande esportatore di ovini al mondo e il suo commercio è diretto soprattuto in Cina.
La prima è andata - alla prossima settimana o quella dopo - ho diversi lavoretti impegnativi da fare in questo periodo, ma farò di tutto per essere al più presto nella tua mail. Ciao.