Rieccomi! Una newsletter storica con aneddoti personali. Non sono un nostalgico, per niente, l’intento è quello di far conoscere eventi che una volta accaduti, hanno tracciato una linea tra il prima e il dopo. Parlerò di persone a cui devo tanto, per cui il pezzo di oggi è anche un atto di gratitudine.
Animal farm News è divisa in tre parti, oltre a un articolo inedito ci sono due rubriche: Contenuti interessanti e Immagini che mi hanno colpito.
Qui invece puoi leggere tutte le newsletter che ho già scritto.
Per consigli e segnalazioni rispondi a questa mail o scrivi a cecc.francesco@gmail.com
Domenica 26 gennaio 1975 uscì una delle prime pagine più memorabili della storia del giornalismo. Sei mesi prima un capo redattore del Sunday People, chiese alla giornalista Mary Beith di ottenere un posto di lavoro presso i laboratori dell’Imperial Chemical Industries (ICI). Beith scelse quello più vicino a casa sua a Macclesfield, nel centro dell’Inghilterra. Nonostante fosse priva della tessera assicurativa sanitaria, ottenne comunque un impiego, e per sette giorni il suo compito fu quello di imbragare cani di razza beagle, utilizzati per testare una nuova linea di sigarette “safe”. L’esperimento consisteva nel far inalare ad alcuni dei 48 cani presenti nel laboratorio il fumo di 30 sigarette, ogni giorno.
Beith portava con sé una piccola macchina fotografica e scattò diverse foto dei beagle fumatori. Leggenda vuole che quando portò il primo rullino in redazione, il tecnico della camera oscura le disse: “La prossima volta che scatti, assicurati di togliere il dito dall’obiettivo”. Malgrado questa iniziale disavventura, Mary Beith riuscì nell’impresa, realizzando quella che si può definire la prima investigazione animalista della storia. Nessuno prima di lei era entrato in un luogo dove venivano sfruttati animali con lo scopo di documentare e denunciare quello che accadeva al suo interno.
Le immagini sconvolsero l’opinione pubblica e diedero slancio al nascente movimento contro la sperimentazione animale. Come tutte le foto leggendarie — vedi Tank Man, Migrant Mother, The Burning Monk, Earthrise, The Afghan Girl — anche questa ricevette immediatamente un nome: The Smoking Beagles, prova a cercare. Con questo lavoro Mary Beith vinse il “Campaigning journalist of the year”.
Nell’estate del 1975 l’attivista Mike Huskisson, venne a sapere che i beagle utilizzati nei test sul fumo dovevano essere uccisi, così insieme a John Bryant si intrufolò nei laboratori dell’ICI, riuscendo a liberare due cani. Qualche giorno dopo i due tornarono per prenderne altri ma furono arrestati. Durante il processo Bryant affermò: “I don't feel I have done anything anyone else would not have done if they had found a sick dog on their doorstep and taken it in”.
Parte di questa ricerca l’ho realizzata nel 2012 in occasione di una presentazione che tenni a un “Incontro per la liberazione animale”. Non ricordo esattamente quale fu l’impulso che mi spinse a farla; Essere Animali era appena nata, e probabilmente ero in cerca di ispirazioni. Uno dei modi per trovarle era attingere da chi ci aveva preceduto, scavando per trovare le radici da dove tutto era iniziato. Oggi, a cinquant’anni dall’inchiesta di Mary Beith, voglio ridare vita e far conoscere le gesta di persone che hanno rischiato duro per mostrare, spesso per la prima volta, come venivano trattati gli animali nei laboratori, negli allevamenti e nei macelli.
Come dice Vasco Brondi: “C’è tanto da imparare dai propri vent’anni”.
Alex Pacheco è il co-fondatore di PETA e nel 1979 fece parte del primo equipaggio di una nave di Sea Shepherd che riuscì ad affondare una baleniera pirata, la portoghese Sierra. A 22 anni Pacheco si finge un ricercatore: entra all'Istituto di ricerche comportamentali Silver Spring nel Maryland e chiede di lavorare, parla con il responsabile del centro che gli comunica che non ci sono posti di disponibili. Pacheco insiste e l'11 maggio del ‘81 viene assunto come volontario.
In questo laboratorio si svolgevano test neurologici a roditori e in particolar modo a 17 macachi selvatici provenienti dalle Filippine.
Pacheco per quattro mesi lavora al laboratorio, prende appunti su tutto quello che viene fatto agli animali, scatta fotografie e riesce perfino a farsi dare le chiavi del laboratorio con la scusa di poter lavorare anche nei weekend e fino a tarda sera. Nel frattempo contatta diversi esperti primatologi e un veterinario, riuscendo addirittura a portarli una notte all'interno del laboratorio.
L'8 settembre PETA deposita alla polizia una denuncia redatta insieme ai suoi periti, allegando decine di fotografie. Tre giorni dopo, per la prima volta nella storia americana, la polizia entra in un centro di ricerca e confisca tutte le scimmie, denunciando il primario per maltrattamento su animali.
Britches
Il 20 aprile del 1985 attivisti dell’Animal Liberation Front (ALF) entrano nei laboratori di psicologia dell'università di Riverside in California e liberano 700 animali tra cui gatti, conigli, piccioni, opossum, centinaia di topi e un macaco di cinque settimane, ribattezzato Britches, al quale erano state cucite le palpebre con dello spago, per uno studio sulla cecità.
Dopo il suo salvataggio Britches fu portato da un veterinario che si prese cura di lui e lo trasferì in un rifugio per primati dove venne accolto da una scimmia che le fece da madre adottiva. Britches visse fino a 20 anni.
L’azione fu filmata e ottenne una copertura mediatica mai vista prima, suscitando forte indignazione nell'opinione pubblica che portò all’interruzione di diversi esperimenti e al divieto di cucire gli occhi a un primate. Ma soprattutto fu uno stimolo per la nascita di numerose associazioni che iniziarono a occuparsi di animali.
Animal Liberation Front
Per chi non lo sapesse l’ALF non è un’associazione: non ha un presidente, né soci né niente, ma ha un fondatore, lo zio Ronnie Lee che nel 1976 in UK coniò e utilizzò per primo questa sigla. Da quel momento chiunque può compiere un’azione diretta e “firmarsi” ALF, purché rispetti i suoi principi fondamentali:
Liberare gli animali dalle condizioni di sfruttamento e maltrattamento;
Infliggere danni economici a coloro che traggono profitto dall’utilizzo degli animali, spesso attraverso il sabotaggio di attrezzature e strutture;
Non causare danni fisici a nessun essere vivente durante le azioni.
Va da sé che chi fa queste cose ha tutto l’interesse di rimanere anonimo.
Finora ho riassunto solo eventi accaduti negli Stati Uniti o nel Regno Unito, una scelta inevitabile, dato che in altre parti del mondo non accadeva nulla di simile. Gli anglosassoni sono sempre stati più avanti rispetto a questi temi, dovrei farci una newsletter per capirne le ragioni.
Allo stesso modo avrai notato che le uniche immagini trattate provengono da laboratori di sperimentazione animale. La sensibilità della società di allora nei confronti degli animali si limitava principalmente alle brutture dei test sugli animali, e gli attivisti e non solo ne erano consapevoli. Per questo motivo concentravano le loro energie su quei luoghi, dove sapevano di poter fare breccia nella coscienza delle persone, influenzare l’opinione pubblica e quindi raggiungere risultati.
Bisogna aspettare fino al 1992 per vedere uscire le prime immagini da un macello, a farlo fu (sempre) PETA grazie a un investigatore sotto copertura che s’infiltrò in due macelli della Pennsylvania. Non si trovano video o foto di questa indagine. Altresì se qualcuno vuole dare un’occhiata a fotografie d’epoca può visitare questo archivio che si trova sul sito della Humane Farming Association (HFA), una delle prime associazioni a essersi occupata esclusivamente della protezione degli animali da allevamento. L’HFA è nata nel 1985 in California e all’inizio degli anni ‘90 ha condotto diverse investigazioni in allevamenti e macelli di maiali, bovini e avicoli.
Un’altra associazione nata per difendere i farm animals è Mercy for Animals. Fondata nel 1999 da Milo Runkle, allora quindicenne, figlio di allevatori dell’Ohio da cinque generazioni, in pochi anni è diventata una delle più importanti organizzazioni al mondo e punto di riferimento delle indagini sotto copertura. Nel 2001, Milo entrò di notte in due allevamenti di galline ovaiole in Ohio, raccolse ore di filmati e salvò alcuni animali sofferenti. Quella che fece fu una liberazione a volto scoperto, un’open rescue.
La prima attivista a realizzare salvataggi di questo tipo è stata l'australiana Patty Mark. Nel 1993, dopo aver ricevuto una segnalazione su un allevamento di galline in condizioni "disumane", decise di intervenire. La notte seguente, liberò alcune galline, ma non lo fece in modo anonimo, documentò l'intera azione, rivendicandosi il salvataggio con un video dove raccontava la storia di quegli animali. Questo è lo spirito delle open rescue: un'azione di disobbedienza civile, un'assunzione di responsabilità anche a costo di violare la legge, perché portare in salvo un essere vivente che soffre non è un crimine.
Ora Patty Mark ha 75 anni ed è la presidentessa di Animal Liberation Victoria.
Arriviamo in Europa o meglio Nord Europa, sempre solito discorso, anche qui gli attivisti agirono in base al livello empatico della società. Intorno alla fine degli anni ‘00 nei paesi scandinavi vennero realizzate numerose investigazioni per documentare gli allevamenti di animali da pelliccia. In questo caso le associazioni captarono che il momento per denunciare l’industria dei pellicciai era propizio. Nonostante questi stati fossero tra i principali produttori mondiali di pellicce di volpi e visoni, e difesi da una potente lobby, la forte indignazione suscitata dalle immagini portò a risultati concreti. A oggi in Svezia è vietato allevare volpi e cincillà, in Danimarca c’è il bando anche per i visoni, come in Norvegia, in Finlandia ci sono forti restrizioni e gli allevamenti sono notevolmente diminuiti.
E in Italia?
Quelli che vedi nella foto sono la prima telecamera e il primo faretto che ho utilizzato per documentare gli allevamenti. La storia dietro a questi due oggetti è abbastanza curiosa. La telecamera ci fu regalata nel 2010 da degli olandesi durante un gathering internazionale di attivisti per i diritti animali, ce la contendemmo con dei polacchi, la spuntammo perché a conti fatti eravamo più poveri di loro e per questo più bisognosi di quel dono. Il faretto l’andai a comprare, pochi mesi dopo, in un negozio di materiale fotografico a Ferrara, lo pagai tipo 300€, con i soldi delle prime cene benefit. È un faretto alimentato da una batteria esterna che da quanto pesa la porti a tracolla, e fa una luce troppo spot. In breve non è proprio il massimo, ma esteticamente è molto bello. Ora un faretto leggerissimo e con un fascio luminoso appropriato lo compri online a 30€.
In Europa del Sud le prime immagini di un allevamento uscirono nell’agosto del 2008 in Spagna. L’associazione Igualdad Animal entrò in un allevamento di maiali fornitore del grosso marchio Campofrio, in risposta a una loro pubblicità che aveva come slogan: “Si lo pruebas te conviertes”, dove prendevano in giro una famiglia vegetariana.
Qui in Italia la prima investigazione fu rilasciata da Essere Animali a marzo del 2012, si trattava di video e foto provenienti da allevamenti intensivi di galline ovaiole. I video furono realizzati con la piccola Sony in HD degli olandesi e il faretto di Ferrara.
Ho scritto questa newsletter perché domenica scorsa ho parlato della “storia delle investigazioni” in una conferenza a un bell’evento vegan a Milano e ho pensato che potesse diventare un pezzo per qui. Alla fine della presentazione una signora mi ha chiesto se al giorno d’oggi ha ancora senso realizzare investigazioni. Io le ho risposto di sì, dandogli le mie motivazioni, che ora non scriverò perché si aprirebbe un altro capitolo. Se ti interessano chiedi e cercherò, con calma, di riassumerle nei commenti.
Invece tu, come la pensi: servono ancora? Fammi sapere!
Contenuti interessanti
La mia amica Selene Magnolia Gatti ha documentato gli effetti sulla salute e wellbeing di chi vive nei pressi degli allevamenti intensivi. Il suo lavoro è stato pubblicato sul Guardian.
Non solo Peste suina, scatta l’allarme anche per la Blue Tongue, colpisce bovini e ovini.
In Danimarca la prima carbon tax per le mucche. Dal 2030 gli allevatori dovranno pagare 100 euro a capo.
Uova contaminate da salmonella, ritirati diversi lotti da vari supermercati. Cascina Italia è il produttore coinvolto.
Migliaia di pesci morti sono a galla in Grecia nel porto di Volos. Più meno in ogni newsletter dò una notizia del genere. Le conseguenze della crisi climatica.
Un’immagine che mi ha colpito
Questa immagine è anni che mi colpisce, credo che sia perfetta. L’occhio impallato dell’animale, la claustofobia dello steccato, la libertà negata degli alberi nel cielo azzurro. Alessandra Sanguinetti è una fotografa dell’agenzia Magnum, non è italiana ma americana-argentina. Il libro – che vorrei tanto avere – dove è tratta questa foto, si intitola “On the sixth day“ e fa riferimento al sesto giorno bibblico: quando dio creò uomini e animali. Uscito nel 2005 ritrae la vita degli animali di una piccola fattoria in Argentina. “Li vediamo nascere, giocare, contendersi il cibo l'un l'altro, il loro destino sempre incerto mentre la presenza umana incombe inevitabilmente“.
Sanguinetti nel suo profilo Instagram manifesta quotidianamente il suo appoggio al popolo palestinese.