L’ultima volta che ci siamo sentiti era il 1° settembre, da quel giorno e per le settimane seguenti la newsletter non è stata una mia priorità. Prima sono stato assorbito totalmente dall’arrivo della PSA negli allevamenti di Pavia, poi ho partecipato alla Resistenza per salvare i maiali del rifugio “Cuori liberi“ e per ultimo sono andato a lavorare all’estero per cui non sono riuscito ad avere la giusta concentrazione per creare un contenuto di livello e scrivere nel modo che più mi piace.
Animal farm News è divisa in tre parti, oltre a un articolo inedito ci sono due rubriche: Contenuti interessanti e Immagini che mi hanno colpito.
Qui invece puoi leggere tutte le newsletter che ho già scritto.
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Il 16 marzo del 1978 mentre le BR, travestite da piloti di aereo, rapivano Aldo Moro in via Fani a Roma, in un’azienda agricola del cagliaritano fu segnalato il primo caso italiano di Peste suina africana. I maiali avevano contratto il virus dopo essere stati nutriti con rifiuti alimentari provenienti dal Portogallo e atterrati in Sardegna all’aeroporto militare Decimomannu. Da quel giorno la malattia nell’isola è divenuta endemica con una curva dei contagi altalenante. Le annate in cui venivano stanziati fondi e attuati programmi di controllo il numero di focolai cresceva, per poi registrare subito dopo una diminuzione, questo sia per merito dei piani di contenimento, ma anche per la mancata collaborazione degli allevatori che smettevano di denunciare gli animali infetti una volta che i sussidi venivano meno e i controlli si allentavano.
Questa condizione è determinata dalla presenza di numerosi allevamenti allo stato brado – dove è più complicato attuare le misure di biosicurezza per evitare i contagi –, nonché dall’esistenza di allevamenti clandestini o di maiali non registrati. Dopo oltre 40 anni di lotta alla PSA, con decine di migliaia di maiali abbattuti in via preventiva, la spesa di milioni di euro pubblici per i piani di eradicazioni (solo negli anni ‘90 furono spesi 40 miliardi di lire), la malattia ora sembra sotto controllo. Ricordati quel “sembra”, ci tornerò dopo.
Cos’è la PSA
Secondo le direttive dell'Organizzazione mondiale per la salute animale (WOAH) e il Regolamento di sanità animale della Commissione Europea, la Peste suina africana è classificata come una malattia soggetta a obbligo di denuncia. Questo significa che qualsiasi caso sospetto o confermato di PSA deve essere segnalato immediatamente alle autorità competenti.
Come ormai tuttə sanno la PSA non viene trasmessa agli umani, ma è altamente contagiosa per i suidi (maiali e cinghiali). La particolarità di questa malattia virale è l'incapacità da parte del sistema immunitario di produrre anticorpi neutralizzanti, quegli anticorpi che impediscono al virus di infettare le cellule. Questa “sfiga” costituisce un importante ostacolo alla creazione di vaccini, basti pensare che da quando il virus è stato identificato, circa un secolo fa, solo lo scorso luglio e solo in Vietnam sono stati approvati due diversi vaccini, uno di questi, nato dalla collaborazione tra un’azienda vietnamita e il Dipartimento statunitense dell’Agricoltura è stato sperimentato sui maiali di 40 province vietnamite, a cui sono state somministrate oltre 650.000 dosi con un tasso di efficacia del 95%. "Non siamo mai stati così vicini a ottenere un vaccino che possa funzionare", ha dichiarato Gregorio Torres, capo del dipartimento scientifico dell'Organizzazione mondiale per la salute animale sottolineando che i due vaccini hanno "probabilmente le maggiori possibilità di successo" e di essere autorizzati alla vendita in tutto il mondo. Anche la Francia sta testando un suo vaccino e dai primi risultati sembra che funzioni.
Per l’esattezza 102 anni fa, la PSA fu descritta per la prima volta in una riserva del Kenya, qui il virus si diffuse da un'antica specie selvatica a dei suidi domestici europei importati in Africa. Fino agli anni ‘50 la malattia circolò nella maggior parte dei Paesi subsahariani, ma rimase confinato nel continente africano. Il genotipo I (ricordatelo) venne trovato in Portogallo nel 1957 a Lisbona, probabilmente arrivato tramite carne infetta proveniente dall’Angola, e da lì si diffuse un po’ in tutta Europa, in Russia e anche nelle americhe. Dalla metà degli anni ‘90 il virus venne eradicato in tutto il mondo con eccezione della Sardegna e dell’Africa.
Nel 2007 tutto ricominciò da capo, quando nella Repubblica della Georgia fu individuato un altro genotipo del virus (genotipo II), più virulento del primo, introdotto ancora una volta tramite carne infetta trasportata su navi partite dall’Africa orientale. ll contatto tra cinghiali/maiali selvatici e rifiuti smaltiti in modo improprio, unito a un ritardo nella diagnosi, causò l'insediamento della malattia nelle popolazioni selvatiche, con conseguenti focolai anche tra i suini domestici.
Il contagio della PSA avviene attraverso la puntura di un vettore, quasi sempre una zecca, tramite contatto diretto con altri animali ammalati o con qualsiasi oggetto contaminato (abbigliamento, veicoli e altre attrezzature) o come abbiamo visto con trasmissione indiretta dovuta all’ingestione di residui di carne contaminati. Nei suidi malati, il virus si diffonde attraverso i fluidi corporei e gli escrementi, soprattutto nei due giorni prima del picco febbrile. Le feci e le urine, in particolare se contengono sangue, rappresentano le secrezioni più pericolose in termini di potenziale propagazione del virus. I sintomi sono: febbre alta (il più comune), letargia, perdita di appetito, congiuntivite, diarrea, vomito, emorragie interne, problemi respiratori, tremori muscolari, eruzioni cutanee e arrossamenti. La mortalità della PSA si aggira oltre il 90%. Nelle carcasse e nei prodotti di carne di suidi il virus resiste alle alte temperature e sopravvive per un lungo periodo, dai 3 ai 6 mesi nella carne non cotta, diversi anni nella carne congelata, 15 settimane nella carne refrigerata, 190 giorni nel prosciutto e 60 giorni nei salami. Per quanto riguarda i fluidi corporei: feci e urine rimangono contagiose dai 2 ai 7 giorni, il sangue 15 giorni e le secrezioni oculari 13-15 giorni. Gli animali che guariscono possono restare portatori sani del virus per circa un anno.
Torniamo nel Caucaso, l'introduzione del genotipo II segnò una nuova era della trasmissione del virus, infatti la PSA si diffuse prima negli stati dell’ex Unione Sovietica e dal 2014 in numerose nazioni dell’Unione Europea. Belgio, Bulgaria, Estonia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia (maggior numero di focolai nei selvatici), Repubblica Ceca, Romania (maggior numero di focolai nei maiali allevati), Slovacchia e Ungheria in tutti questi stati è entrata la PSA ed ha causato la morte e l’abbattimento di migliaia di animali, nonché la spesa di enormi quantità di soldi pubblici. Viste le grandi distanze tra i vari focolai è stato appurato che il principale pattern di trasmissione del virus sia stato per via indiretta, non per “colpa” dei cinghiali, ma come conseguenza dell’errato comportamento umano. Dimenticavo, lo scorso settembre in Sardegna è stato confermato il contagio di 3 maiali in un allevamento, la cosa “interessante” che conferma la responsabilità del fattore umano è che il virus è del genotipo II, mai individuato prima sull’isola.
Cina
La più violenta ondata di PSA mai vista nella storia si è scatenata in Cina, nel Paese che alleva circa la metà dei maiali presenti nel mondo. Il virus, simile a quello circolante in Europa è entrato nell’agosto del 2018, le indagini epidemiologiche hanno identificato come possibili vie di introduzione della malattia l'importazione di suinetti provenienti da aree infette e l'alimentazione con mangime contaminato. In via non ufficiale, il numero di suini abbattuti, macellati in anticipo o morti nel primo anno dell'epidemia potrebbe essere stato di circa 200 milioni. Le autorità cinesi dichiarano 100 milioni, la banca olandese Rabobank ha addirittura stimato che almeno il 40% dei 360 milioni di suini del Paese potrebbe essere andato perduto a causa della malattia.
Italia continentale
La comparsa del primo caso di PSA, del genotipo II, fuori dalla Sardegna è stata segnalata il 7 gennaio del 2022 in un cinghiale trovato morto nel Comune di Ovada, in provincia di Alessandria. Successivamente, sono stati riscontrati altri casi positivi in carcasse di cinghiale nelle zone circostanti del Piemonte e in Liguria. In risposta a queste prime rilevazioni del virus, sono stati abbattuti in via preventiva circa 7.000 maiali presenti negli allevamenti prossimi all’area dove sono stati ritrovati i cinghiali positivi. Questo perché il Regolamento UE 2020/68, dispone l’istituzione di una zona di protezione e una di sorveglianza rispettivamente di 3 km e 10 km di raggio attorno al focolaio che – non è di facile interpretazione il Regolamento –, per focolaio intende sia un’azienda infetta sia il luogo dove è stata ritrovata una carcassa di selvatico contagiato. Nella zona di sorveglianza (3 km) si devono abbattere tutti i maiali, anche sani, negli allevamenti presenti all’interno di quel perimetro, tranne il caso che i maiali non siano contagiati e siano a fine ciclo, quindi prossimi alla macellazione. In queste due aree (sorveglianza e protezione) le movimentazioni degli animali e dei liquami sono limitate, ma come (quasi) ogni Regolamento che disciplina la gestione degli animali è interpretabile, la normativa consente di fare tutto e il contrario di tutto. Ho linkato manuale e ordinanze se vuoi capirci di più.
Dopo alcuni mesi, a maggio 2022, è stata confermata la presenza della malattia in animali selvatici nel Lazio, con un unico focolaio riscontrato anche in un allevamento semi brado di maiali domestici nel giugno 2022, dà lì il rischio di abbattimento dei maiali presenti al rifugio/santuario “Sfattoria degli ultimi”. Come sia arrivata la PSA in Piemonte, in Liguria e poi nel Lazio non è stato ancora completamente chiarito. In base alle prove raccolte l'ipotesi più probabile riguarda una diffusione indiretta della malattia. Questa potrebbe essere avvenuta attraverso l'importazione di prodotti contaminati, una gestione inadeguata dei rifiuti o l'alimentazione impropria dei cinghiali. A giugno 2023, il primo caso di malattia nei cinghiali è stato notificato in provincia di Pavia, il virus ha poi crossato il Po’, argine naturale di contenimento, e si è presentato in Pianura Padana dove vengono allevati l’80% dei maiali italiani.
E a settembre è successo l’inevitabile, la PSA è entrata in una decina di allevamenti intensivi di Zinasco a sud di Pavia, e come da Regolamento l’ATS Lombardia ha disposto lo stamping out nelle aziende contagiate. Oltre 40 mila maiali sono stati inceneriti e prima uccisi con l’anidride carbonica all’interno di container piazzati all’esterno degli allevamenti. Queste operazioni sono state affidate alla TCC-group, un’azienda olandese leader del settore, da voci di corridoio pare che gli abbattimenti siano costati circa 70 mila euro al giorno e sono durati almeno 3 settimane. Soldi pubblici per proteggere l’industria dei prosciutti, perchè se il virus dovesse diffondersi a tappeto metterebbe a rischio l’export dei prodotti a base di carne di maiale, nessuno vuole portarsi la PSA in casa. Gia a gennaio 2022 con i primi focolai Svizzera, Kuwait, Cina, Giappone e Taiwan avevano bloccato temporaneamente le importazioni dall’Italia. Nel frattempo il Ministro dell’Agricoltura ha stanziato ulteriori 19 milioni di euro per sostenere la filiera suinicola colpita dalla PSA, così dalle parole di Lollobrigida: “L'obiettivo è quello di aiutare gli imprenditori che hanno subìto maggiori danni e che sono impegnati nell'eradicazione dei cinghiali”.
Quel che è poi accaduto ai maiali del rifugio “Cuori Liberi” è già storia che non tratterò qui, ma che puoi leggere ovunque.
Secondo il National Institutes of Health, le malattie infettive contribuiscono a circa il 16% di tutte le morti globali. Di queste malattie le zoonosi rappresentano il 60% delle malattie infettive conosciute e addirittura il 75% di quelle emergenti.
Ok la PSA non è una zoonosi, ma negli ultimi 3 anni ho documentato l’abbattimento di migliaia di animali di tre specie diverse (visoni, polli e maiali) contagiati da tre diversi virus. A livello globale, solamente per il consumo alimentare, vengono allevati oltre 80 miliardi di animali l'anno… e come dicono gli esperti per un virus entrare in un allevamento intensivo è come andare a Disneyland e qui lo spillover potrebbe essere dietro l’angolo o meglio dentro un capannone pieno di animali.
Contenuti interessanti
Francesca Grazioli, autrice di Capitalismo Carnivoro (il Saggiatore 2022) ha curato una puntata del podcast DOI - Denominazione di origine inventata. Molto interessante.
Perché sterminare i cinghiali non è la soluzione per eradicare la PSA, lo spiega Francesco Feliziani, responsabile del laboratorio di riferimento nazionale per le pesti suine dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche.
Un po’ di tempo fa sono intervenuto a Radio Blackout di Torino per parlare delle problematiche del trasporto di animali vivi. Qui la diretta.
Il Governo italiano con Coldiretti a capo del Ministero dell’Agricoltura, per evitare una bocciatura da parte dell’UE, ha ritirato la proposta di legge per vietare la carne coltivata.
A proposito di numeri Our World in Data, uno dei più autorevoli portali di statistica ha raccolto un po’ di dati rispetto agli animali “da allevamento“.
Un’immagine che mi ha colpito
Un asino ferito ma ancora vivo, dopo un bombardamento israeliano sulla striscia di Gaza. La foto l’ha fatta Anas al-Shareef per Reuters, non c’entra molto con AFN ma quel che sta succedendo in Palestina mi sta facendo male, fatico anche a parlarne perché è un qualcosa a cui sono distante, un’occupazione militare, e di cui non mi occupo a livello politico (nel senso non sono attivo in questa causa). L’unica cosa che mi viene da dire è che se un popolo viene oppresso da decenni ogni reazione è comprensibile e se questa reazione giustifica un pogrom da parte di chi quel pogrom l’ha pure subito… non so, mi fermo qui.
Prima l’assalto della Polizia al rifugio “Cuori liberi” (oggi è un mese esatto da quel giorno), poi le immagini che arrivano dalla Palestina. È dura andare avanti, eppur bisogna andar.