Eccomi sono tornato. Questa è la newsletter numero 10! Sono contento perché sto iniziando a essere più veloce nella scrittura, spero che ciò non incida negativamente sul contenuto, fammi sapere. Oggi scrivo sulla baggianata che ha detto il nostro Ministro dell’agricoltura, lo faccio affidandomi, come spesso capita da queste parti, ai numeri. Buona lettura!
Animal farm News è divisa in tre parti, oltre a un articolo inedito ci sono due rubriche: Contenuti interessanti e Immagini che mi hanno colpito.
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“Io lo dico spesso e devo dire, lo condividono anche loro. Gli Stati Uniti sono un grande popolo: ci hanno difeso, lo fanno ancora ma su una cosa non ci possono insegnare niente: a mangiare. Lo sanno anche loro perché hanno una criticità che devono rimuovere e alla quale noi non vogliamo dare seguito: che è un differente modello di educazione alimentare, noi abbiamo una educazione alimentare interclassista, abbiamo un grande vantaggio. Da noi spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi perché, cercando dal produttore l’acquisto a basso costo, comprano qualità”. Parola di Francesco Lollobrigida, Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Marito di Arianna Meloni, la sorella di Giorgia.
Secondo l’Istat, nel 2022 i prezzi al consumo sono cresciuti dell’8,1%, segnando l'aumento più grande dal 1985, la causa principale è stata l’esplosione del costo degli energetici (+50,9% nel 2022, a fronte di un +14,1% del ‘21). Questo poco meno di un anno fa, a oggi i tassi d’inflazione sono invece calati, ma rimangono alti, ad agosto per esempio abbiamo viaggiato sui +5,5% – dicono che un’inflazione ottimale debba aggirarsi sul 2%.
Di tutte le “inflazioni" esistenti ogni categoria ha la sua percentuale, ad esempio: il prezzo dei servizi ricreativi (parchi giochi, cinema, discoteche) possono crescere più dei servizi per la cura della persona, l'inflazione che ci interessa di più è il ritmo di crescita dei prezzi del “carrello della spesa” che ad agosto è stato del +9,6%, che sebbene in calo rimane alto, molto alto.
L’inflazione colpisce soprattutto i poveri, soprattutto quelli del sud globale
Già nel 2021 la FAO sosteneva che l’indice dei prezzi dei prodotti alimentari era sui livelli più alti degli ultimi dieci anni: cereali, oli vegetali e carne hanno avuto aumenti a doppia cifra. Da come gira il mondo è abbastanza chiaro che le principali ragioni per cui i costi degli alimenti crescono sono: guerre, instabilità socio-politica, aumento dei prezzi delle materie prime e l’intensificarsi dei fenomeni meteorologici estremi. Il bello è che tutti questi fattori possono diventare l’uno la causa o la conseguenza dell'altro. Secondo l’economista Jayati Ghosh, docente all’università Jawaharlal Nehru di New Delhi, ci sono altri fenomeni/effetti della crescita dei prezzi ed è “l’incremento delle scorte da parte di governi e singoli consumatori, che temono le conseguenze di nuove ondate della pandemia sulle forniture. L’attesa di futuri aumenti dei prezzi alimentari diventa una profezia che si autoavvera a causa dell’attuale crescita della domanda. Secondo la FAO nel 2021 la spesa globale per le importazioni di cibo è stata la più alta di sempre, superando i 1.750 miliardi di dollari, con un incremento del 14% rispetto al 2020. È stata più alta del 12% rispetto alle previsioni della stessa FAO. Questa è una brutta notizia per le economie più povere, ché potrebbero avere più bisogno d’importare prodotti alimentari rispetto ad altri paesi, ma che rischiano di essere espulse dai mercati globali a causa di un aumento della domanda. L’altro fattore importante è la speculazione finanziaria sui mercati alimentari, che di recente si è risvegliata. Negli ultimi anni questi beni erano diventati meno attraenti per gli investitori, ma le cose sono cambiate con la pandemia. Nel 2021 gli investimenti nel settore hanno registrato una forte crescita”.
Ma torniamo a casa nostra
Secondo gli amici di Lollobrigida invece: “a causa del caro prezzi, più di un italiano su due ha tagliato il cibo a tavola in quantità o in qualità, con un effetto dirompente che grava soprattutto sulle famiglie a basso reddito”. così spara Coldiretti. Fa specie come questa analisi sia nelle prime righe del rapporto “Gli italiani e il cibo nelle crisi e oltre” e, quando questo è stato presentato a Roma nel novembre 2022, c’era anche il nostro Ministro della sovranità alimentare. Forse Lollobrigida continuava a distrarsi quando il Presidente di Coldiretti Prandini diceva che il 60% della fascia di popolazione a basso reddito è stato costretto a tagliare le quantità di cibo acquistato, contro un 24% di chi ha redditi alti, o che il 46% di chi ha un basso reddito ha dovuto risparmiare sulla qualità rispetto al 22% di chi il reddito ce l’ha alto.
Le famiglie più colpite dal caro prezzi sono le coppie con figli piccoli, per loro nel 2022 la contrazione dei consumi in casa è scesa del 6,7% VS 2019 e -3,6% rispetto al 2021.
Mi servo ancora di Coldiretti per introdurre il prossimo punto: “Il 72% degli italiani si reca e fa acquisti low cost nei discount, mentre l'83% punta su prodotti in offerta. Le famiglie vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti”.
Prima di andare avanti però un breve focus sui prodotti a basso costo e i 3x2. Ciconte e Liberti nel Grande Carrello, chi decide cosa mangiamo (Editori Laterza 2019) ci dicono: ogni anno in Italia vengono stampati 12 miliardi di volantini per pubblicizzare le offerte promosse dai supermercati, in pratica 200 per ogni abitante. Poi che dietro ai prodotti in promozione “ci potrebbe essere un’industria di trasformazione che ha accettato una commessa poco vantaggiosa pur di non perdere l’accesso al mercato, e che cercherà di pagare meno la materia prima a un produttore agricolo che a sua volta proverà magari a risparmiare sulla forza lavoro, pagando i braccianti il meno possibile”.
Dove si fa la spesa in Italia?
Qui
Questi dati provengono dal report “I consumi alimentari delle famiglie, la spesa nel 2022 influenzata dall’inflazione” dell’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) che è un ente pubblico e se regolarmente lo consulto io, figuriamoci le cariche istituzionali. Cosa dice questo grafico? Che solo il 10% degli italiani compra dai produttori menzionati dal Ministro. Per “libero servizio” si intendono i negozi con superficie di vendita inferiore ai 400 mq, in pratica i supermercati sotto casa. Per cui il 90% della spesa viene fatta nei canali della Grande Distribuzione Organizzata.
Cosa comprano gli italiani nei supermercati?
Questo
Il 40% del carrello è composto da prodotti proteici di origine animale, per questa categoria nel ‘22 c’è stato un aumento della spesa del 9,9% per i prodotti carnei e dell’8,6% per i lattiero-caseari, ne consegue un forte aumento dei prezzi, cui fa riscontro una sostanziale contrazione dei volumi acquistati.
Nel primo trimestre del 2023 il peso sullo scontrino del settore delle carni è cresciuto non di poco rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, ma le dinamiche delle tipologie sono differenti e in alcuni casi opposte: mentre per le carni avicole salgono i volumi acquistati (+10% anche se la spesa sale del 20%), le carni suine e quelle bovine “pagano lo scotto dello spostamento verso tagli e aree merceologiche più economiche o ritenute più sane”, (vedi wurstell?) e per queste i volumi sono in flessione rispettivamente del 7,7% e del 6%.
Anche gli acquisti di pesci sono stati influenzati dal carico dell’inflazione, soprattutto il fresco composto da pesci, molluschi e crostacei, i prodotti palesemente più costosi nella gamma degli ittici hanno registrato un -13% sui volumi complessivi, a fronte di aumenti di prezzo nell’ordine del 9%. In un contesto in cui le famiglie si sono trovate a fare delle rinunce il pesce fresco è stato tra i prodotti più penalizzati.
Al contrario, anche con un aumento di spesa tengono i volumi di vendita dei prodotti del mare più economici, tra cui tonno in scatola, pesce surgelato e salmone affumicato.
Per quanto riguarda gli altri alimenti, consiglio di consultare il report dell’Ismea in generale tutti i prodotti, tra cui gli ortofrutticoli che riempiono per il 17% il carrello, hanno avuto, chi più e chi meno, un aumento dei prezzi e conseguente contrazione dei volumi di acquisto.
Food social gap
Per FSG si intende una discrepanza o uno squilibrio tra diverse classi sociali in termini di accesso e disponibilità di cibo, è il reddito a imporre al consumatore cosa può mangiare sulla base delle sue risorse economiche, questo svantaggio si traduce in abitudini alimentari scorrette e pericolose. “Diversi studi condotti in più Paesi hanno evidenziato come le forme di svantaggio e di povertà di tipo socio-economico e culturale si riflettano in disuguaglianze in termini di qualità della dieta, elemento che costituisce a sua volta uno dei più importanti fattori esplicativi dei divari di salute”, da un articolo del 2021 pubblicato sulla rivista Argomenti dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.
Per onestà devo dire che l’articolo riporta, anche, che l’Italia grazie alla dieta mediterranea “si contraddistingue per una maggiore capacità di “resilienza” da parte delle componenti sociali più svantaggiate, meno propense, rispetto ai gruppi in analoga posizione di altri paesi, all’adozione di abitudini alimentari scorrette e pericolose”. Detto questo, sempre nello stesso articolo viene citato uno studio del 2015 dove si evidenzia “una sostanziale tenuta della dieta mediterranea, corredata però da una progressiva diffusione di comportamenti scorretti, che si riverberano all'aumento dell’obesità e del sovrappeso”.
A questo punto sono andato a vedere quanto gli italiani seguano ancora la tanto decantata dieta mediterranea. Qui di seguito solo alcuni titoli di articoli, se ne trovano a decine: “La Dieta mediterranea ormai è un privilegio dei ricchi”, Addio dieta mediterranea. Gli italiani mangiano male, lo dice uno studio, Dieta mediterranea, solo il 13% degli italiani la segue.
Mi sono incastrato sulla dieta med, ma io volevo analizzare il dato a mio avviso più interessante: l’aumento del 10% delle vendite di carne di pollo nonostante un aumento del 20% del costo, ovvero la prova dell’esistenza del food social gap. Oggi al Lidl puoi comprare 400 gr di petto di pollo senza ossa a 2,99€. Cosa implicano questi bassi costi per i lavoratori e lavoratrici l’hanno spiegato bene Ciconte e Liberti, per gli animali invece significano: sovraffollamento, utilizzo massiccio di farmaci, animali con genetiche sempre più produttive e mangimi di scarsa qualità, tutti fattori che peggiorano la qualità di vita dei polli. Ricordo che il 93% dei polli allevati in italia provengono da allevamenti intensivi.
Fine
Voglio chiudere con una nota positiva in tutta questa presa male, moltə di noi sono l’esempio vivente che non c’è bisogno di appartenere alle classi più agiate per mangiare in modo sano, etico e sostenibile. Anche le conclusioni dell’articolo dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo sono speranzose: “Si tratta, quindi, di investire in campagne informative sull’importanza di un’alimentazione equilibrata come forma di prevenzione primaria, capaci di mettere in chiaro come questa possa essere un’opzione accessibile per tutti, con dei risvolti economici legati anche alla convenienza”, aggiungendo però anche che servono policy “per sostenere canali distributivi e in generale mettere a punto strumenti adatti a far sì che prodotti di qualità, di provenienza biologica, di stagione e/o di filiera corta, ma anche provenienti da circuiti in grado di assicurare il rispetto dell’ambiente e dei lavoratori, diventino effettivamente accessibili anche a fasce ampie della popolazione con risorse economiche limitate”. Hai detto niente!
Contenuti interessanti
L'INAIL ha pubblicato il rapporto sull’andamento degli infortuni e delle malattie professionali dell’industria alimentare. Al 1° posto le aziende di lavorazioni carni.
Su Le Monde un articolo sull’isola greca di Poros ormai circondata dagli allevamenti di pesci e la battaglia della popolazione che non li vuole. Ci sono stato e posso confermare.
Centinaio l’ex Ministro dell’Agricoltura, per difendere gli allevatori, vuole mandare l’esercito nel pavese per abbattere i cinghiali infetti da PSA.
Su il Manifesto una riflessione a partire dalla campagna di protesta contro la violenza sulle donne che ha usato come hashtag #iononsonocarne.
Un nuovo studio riporta che i maiali empatizzano e cercano di aiutare i loro simili quando sono in uno stato di sofferenza.
Un’immagine che mi ha colpito
Sabine Grootendorst è una fotografa olandese interessata alla biodiversità, la sostenibilità e il futuro del cibo, le sue foto sono auliche e poco contrastate. In questa serie intitolata “Porcili” ha iniziato a fotografare gli esterni degli allevamenti di maiali olandesi. Mi hanno colpito perchè sono immagini che trasmettono calma in luoghi dove la calma non c’è. Come scrivevo in un articolo gli allevamenti puliti e ordinati sono per me quelli più “malati“.
È settembre mese di nuovi inizi. Stiamo incominciando nuovi progetti e c’è da fare per cui no rush e con calma si fa tutto. Ti saluto con una poesia di Patrizia Cavalli, che non c’entra niente ma è su settembre. Ciao!
A me è maggio che mi rovina
e anche settembre, queste due sentinelle
dell’estate: promessa e nostalgia.