Wooo, come è sempre impegnativo scrivere, ma quanto è terapeutico. Con questo pezzo ho provato ad aiutare anche te, che domani andrai o no a votare. Non ci sono indicazioni di voto, piuttosto precisazioni su chi non preferire assolutamente. Buon voto o buona astensione!
Animal farm News è divisa in tre parti, oltre a un articolo inedito ci sono due rubriche: Contenuti interessanti e Immagini che mi hanno colpito.
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“Penso che serviremo McDonald’s, Wendy’s, Burger King e della pizza”, e così fu, per quello che viene considerato uno dei momenti simbolo della ri-politicizzazione populista del cibo degli ultimi anni. Era il 14 gennaio 2019 quando Donald Trump pronunciò questa frase in occasione del ricevimento tenuto alla Casa Bianca per celebrare la squadra vincitrice del campionato universitario di football, dove venne servito solo cibo da fast food. La foto che ritrae il tycoon, tutto felice nella State Dining Room, con Abraham Lincoln alle spalle e davanti a un tavolo imbandito di junk food su vassoi d’argento racconta, come scrive Mattia Salvia nel numero di Iconografie sull’uso politico del cibo, “la storia del (finto) outsider diventato formalmente, ma mai veramente insider; la storia della circolazione delle élite a cui alla fine si è ridotta la rivolta populista degli anni Dieci”.
Contraddizioni che persistono anche qui da noi: tipo, quando Lollobrigida ministro della sovranità alimentare entra nella tana del mondialismo alimentare per inaugurare il 700esimo McDonald's aperto in Italia insieme al suo amico Prandini (Coldiretti), che farnetica: “McDonald’s rappresenta l’italianità, le nostre eccellenze, la nostra biodiversità”. Tutto questo perché su 18 panini, due sono con una salsa di pera dell’Emilia-Romagna IGP e il parmigiano reggiano. Questo è Made-in-Italy-washing. “I giovani si appassionano ai prodotti italiani grazie al McDonald's”, certo Lollo i gggiovani vanno al Mac per mangiare burger gourmet.
Sì alla polenta, no al cous cous
L’utilizzo del cibo per promuovere identità nazionali, regionali o locali viene chiamato oggi gastronazionalismo. Questo neologismo coniato dall'antropologa culinaria Michaela DeSoucey, nel suo libro “Contested Tastes: Foie Gras and the Politics of Food,” pubblicato nel 2016, analizza come il foie gras sia diventato un simbolo di scontro culturale e politico e di come i francesi lo ritengano parte integrante del loro patrimonio identitario, opponendosi alle critiche internazionali e alle pressioni per vietarne la produzione. Una miopia patriottica che giustifica la crudeltà verso gli animali, alimentati forzatamente per far ingrassare di 10 volte il loro fegato, per affermare la sovranità alimentare di un Paese. Tristezza, anche per il fatto che il foie gras, noto cibo di lusso, viene difeso da gruppi populisti, che attingono quindi il loro sostegno principalmente dalle fasce di popolazione meno abbienti.
Il gastronazionalismo è un fenomeno da non sottovalutare, perché come ha spiegato il professore Michele Fino nel podcast Navette di Essere Animali, è un atteggiamento che prepara al banal nationalism, cioè quell’insieme di pratiche e simboli che ricordano costantemente ai cittadini la loro identità nazionale, a cui tendenzialmente non facciamo caso, ma che poi risultano essere perniciosi, perché aprono la porta a comportamenti apertamente discriminatori e sciovinisti.
Un paradosso del gastronazionalismo tricolore, sempre secondo Fino, è la proposta del governo di inserire in Costituzione la sovranità alimentare e i prodotti simbolo dell’identità nazionale, come prosciutto di Parma, grana padano e via dicendo, che per la loro produzione dipendono fortemente da soia e mais importati dal Sud America. Materie prime responsabili della deforestazione e della perdita di sovranità alimentare di quegli stessi Paesi.
Come spesso accade quando studio per Animal Farm News, mi perdo e vado alla deriva approfondendo temi che avevo pensato solo come intro, ma, per me che scrivo, questa cosa è molto divertente.
Dico questo perché il tema principale di questo pezzo mi è apparso leggendo Ecofascisti (Einaudi 2024), dove la giornalista Francesca Santolini: “ripercorre la lunga storia dell’ambientalismo di estrema destra e analizza i modi in cui tale movimento si sta adattando al mondo contemporaneo”. Volevo scrivere qualcosa prima delle elezioni europee, e in questo libro stavo cercando un gancio e l'ho trovato.
I vari schieramenti politici dell’attuale Parlamento europeo sono distribuiti in questo modo:
Il PPE (Partito Popolare Europeo) è il gruppo più grande nel Parlamento Europeo ed è composto da partiti di centro-destra. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen è la candidata del PPE per ottenere un secondo mandato. Forza Italia è l’unico importante partito italiano dentro questo gruppo.
L’S&D (Lysergic Acid Diethylamide) è l’alleanza progressista dei socialisti e dei democratici, formata da partiti di centro-sinistra. Nella legislazione corrente solo il PD c’è dentro.
Renew (Rinnovare l'Europa) è un gruppo nuovo, creato dopo le europee del 2019. È composto principalmente da partiti di orientamento liberale, democratico e centrista, nato come un'alternativa progressista all’S&D. Azione e Italia viva sono ora al suo interno e ci confluiranno anche i candidati di +Europa, se eletti.
Verdi/ALE (Alleanza Libera Europea) è composto da partiti verdi e ambientalisti. In questo momento non è presente nessun partito italiano. Alleanza Verdi e Sinistra entrerà in questo gruppo.
ECR (Conservatori e Riformisti Europei) è formato da partiti di centro-destra e conservatori. Fratelli d’Italia è all’interno di questo gruppo e Meloni è la sua presidente.
ID (Identità e Democrazia) è composto da partiti sovranisti, nazionalisti ed euroscettici. La Lega è qui.
NI (Non iscritti) è un raggruppamento composto da una varietà di partiti politicamente indipendenti. Il Movimento 5 stelle è in questo gruppo e a oggi ancora non si sa in quale gruppo si schiererà.
Nella scorsa legislatura Ursula Von der Leyen, la capa della Commissione Europea, la massima istituzione dell’UE è stata eletta con una maggioranza risicata di 383 voti su 733, a sostenerla il suo gruppo il PPE, Renew, ECR nonché alcuni deputati di centro sinistra e verdi.
Gli ultimi sondaggi pubblicati il 23 maggio, ultimo giorno disponibile, dipingono questo quadro, da sapere che alle europee c’è lo sbarramento al 4% per cui i partiti sotto a questa percentuale, ciao, i loro voti andranno dispersi.
Chi non votare
Nei programmi politici dei partiti di destra e centro destra la questione ambientale e per osmosi quella agricola viene affrontata più o meno allo stesso modo.
Per Forza Italia — che ricordo è all’interno del PPE, gruppo di maggioranza nell’Europarlamento — nel programma i punti che riguardano l’ambiente e agricoltura sono il 7 e l’8, su dieci. In questi concetti il riassunto della loro visione: “Da un Green Deal ideologico ad un Green Deal realistico. Occorre rivedere il pacchetto di iniziative che rischia di danneggiare settori chiave della nostra economia - dall’automotive alla casa, dalla siderurgia all’agricoltura - e di avvantaggiare avversari strategici come la Cina”.
Fratelli d’Italia, nel loro programma i temi ambientali sono molto in alto, secondo e terzo punto su quindici, solo questo ci fa capire quanto stanno politicizzando questi argomenti. Sono nemici della carne coltivata, e contro il Nutriscore, un sistema di etichettatura alimentare a semaforo, che fornisce informazioni sulla qualità nutrizionale dei prodotti confezionati. È stato sviluppato per aiutare i consumatori a fare scelte alimentari più informate e salutari. Non lo vogliono perché penalizzerebbe (giustamente) soprattutto i prodotti di origine animale del Made in Italy. “In Europa, ci siamo battuti e continueremo a batterci per valorizzare l’agricoltura e difendere il legame millenario tra terra, popolazione, allevamento e cibo, e per tutelare il lavoro e le eccellenze enogastronomiche italiane, patrimonio culturale e presidio dei territori”, ricordati questi concetti.
Lega, non hanno numerato il loro programma, ma l'ambiente è abbastanza in alto, agricoltura più giù. Punti molto simili a quelli di FdI. “Nel 2022, l’UE ha contribuito solamente a meno del 7% delle emissioni globali, contro il 30% della Cina e l'11% degli Stati Uniti. Il dato più allarmante è che, mentre le emissioni di anidride carbonica nell'UE si stanno già riducendo a prescindere dall'entrata in vigore del Green Deal, quelle generate dalla Cina stanno continuando a crescere, anche per l'estrazione di materie prime e la produzione dei “prodotti verdi” destinati al mercato europeo”. Torniamo a inquinare a casa nostra!
Alerta antifascista
Ammetto che nei programmi dei partiti sopra citati non vengono menzionate esplicitamente ideologie ecofasciste, espresse nel dettaglio dal libro omonimo, ma come promemoria per riuscire a riconoscerle, provo a riassumere in breve il modo in cui concepiscono l’ambientalismo i movimenti e i partiti di estrema destra.
Secondo Santolini considerare l’ecologismo un sistema ideologico progressista è un bias cognitivo perché la storia, più o meno recente, ci ha insegnato che in realtà questo pensiero è caratterizzato da una certa visione conservatrice. Peccato che il loro approccio sfoci sempre in un nazionalismo verde. In un opuscolo tematico, Marine Le Pen, leader di Rassemblement National, riassume chiaramente come questa parte politica intende le cose: “Sono le popolazioni unite da un’antica presenza sul territorio che possono rivendicare la complicità con la natura, questa interdipendenza con l’ambiente determina la diversità delle culture umane, che il nomadismo e le migrazioni di massa distruggono in maniera irreversibile”. A me ricorda la frase che ho scritto sopra presa dal programma di FdI.
Due ricercatori britannici, Turner e Bailey, parlano di ecobordering: serrare le frontiere con l’alibi dell’ecologia. Secondo gli ecofascisti l’immigrazione, che fondamentalmente è dal sud al nord del mondo, è una minaccia per l’ambiente nazionale e di conseguenza considerano i confini come una forma di protezione naturale, la finalità di questa chiusura è una risposta al presunto saccheggio ambientale, che fa leva sulla paura che i migranti depredino le risorse naturali o che siano delle orde di irresponsabili senza alcun rispetto per l’ambiente e che non ne siano capaci di prendersene cura. L'ecobordering mira chiaramente a generare un sentimento di nazionalismo e reazionario sotto il pretesto della protezione ambientale.
Secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), senza un'azione climatica ambiziosa e una riduzione del rischio di catastrofi, i disastri legati al clima potrebbero raddoppiare il numero di persone che necessitano di assistenza umanitaria, portandolo a oltre 200 milioni ogni anno entro il 2050. In sostanza dovranno migrare. Il fatto che la crisi climatica sia causata direttamente dall’opulenza dei Paesi del nord del mondo, che oltretutto saccheggiano le risorse del sud, lo affermano ormai anche gli ecofascisti per cui non starò a portare dati e fonti a supporto. La cosa che io non sento mai dire è invece che le regioni in via di sviluppo, che sono fra le più vulnerabili ai cambiamenti climatici, ospitano l'84% dei rifugiati nel mondo.
Insomma, a me la situazione sembra abbastanza chiara: i paesi occidentali vogliono continuare a inquinare ai danni dei poveracci e se questi scappano dalle fiamme ci mettiamo ai confini e gli spariamo, o li lasciamo affogare.
Ricordiamoci sempre che la destra per sua costituzione difende le classi più ricche e che le camicie nere sono nate per proteggere i grandi proprietari terrieri.
Che fare?
Da anarchico sono cresciuto con l’adagio: votare è come pulirsi il culo con i coriandoli. Siamo consapevoli che al momento non c’è nessun partito politico in grado di soddisfare le nostre urgenze di cambiamento nonché immaginare un ribaltamento del sistema politico in cui abitiamo. Forse l’astensionismo crescente degli ultimi anni dice che non sono il solo a pensarla così… Detto questo, le principali associazioni per i diritti animali italiane hanno stilato un programma, del tutto fattibile, per migliorare le condizioni degli animali negli allevamenti e non solo. Qui puoi vedere i candidati e le candidate che hanno aderito e tra questi, persone che davvero si impegnano per cercare di cambiare le cose, nonostante le difficoltà. Se questo weekend hai intenzione di votare, ti consiglio di dare un’occhiata.
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