Questa volta ho sentito il bisogno di scrivere un pezzo più “filosofico“, così ho voluto portare un po’ di materiale su cui pensare in questi momenti tragici che ci hanno fatto capire che il patriarcato e la mascolinità devono essere più che mai messi in discussione. Non sono un accademico, questo è chiaro, per cui mi sono servito di diverse letture che ho fatto negli ultimi giorni. Abbiate comprensione di me.
Animal farm News è divisa in tre parti, oltre a un articolo inedito ci sono due rubriche: Contenuti interessanti e Immagini che mi hanno colpito.
Qui invece puoi leggere tutte le newsletter che ho già scritto.
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Un uomo in fila alla cassa di un supermercato, sta acquistando tofu e verdure. Nel frattempo, l'uomo dietro di lui impila grosse confezioni di carne e ingredienti per il barbecue. Il tipo del tofu, visibilmente imbarazzato, nota improvvisamente la pubblicità di un Hummer, il SUV più tamarro che esista. Esce dal supermercato, si reca dal concessionario, ne compra uno e se ne va tutto felice mangiando una carota. “Ristabilisci l'equilibrio”, recita la frase che chiude uno spot pubblicitario dell’Hummer, uscito nel 2006 negli Stati Uniti.
“Vi siete mai vergognati di essere vegetariani?”. Questa è la domanda che ha posto un ragazzo vegetariano di 27 anni durante un focus group condotto da Emma Roe e Paul Hurley dell’Università di Southampton. Nel 2018 i due ricercatori hanno studiato un esiguo gruppo di uomini “green” le cui diete includevano al massimo piccole quantità di carne: uomini che avevano iniziato a esplorare l'alternativa vegetariana per questioni ambientali; uomini palestrati che avevano scelto di scolpire i propri muscoli senza consumare carne e uomini che, a causa delle loro ristrettezze economiche, mangiavano alle mense dei poveri, dove le quantità di carne erano limitate (così dice la descrizione dello studio). Dalla ricerca è emerso che a questi uomini veniva difficile ordinare piatti vegetariani in pubblico. “Alcuni di loro hanno provato sentimenti come la vergogna, l’imbarazzo o un conflitto interiore, che a volte li ha portati a mangiare carne o a offrirne ai loro ospiti in una cena a casa propria”, conclude Roe.
Perché è così radicata l’immagine dei maschi come macellai, di quelli che si occupano del barbecue in giardino?
La risposta la lascio a Francesca Grazioli autrice di Capitalismo Carnivoro (il Saggiatore 2022), libro che ho già citato in un’altra newsletter. “In una società in cui i ruoli si fanno sempre più fluidi, in cui il dominio assoluto di spazi politici, economici e sociali a solo appannaggio maschile iniziano a vacillare, un solo territorio rimane sicuro per il re della giungla urbana moderna. Nascosta nel giardino o nel retro dell'abitazione, brilla una grata sopra la quale sfrigolano salsicce e hamburger. Un luogo sacro in cui sentirsi di nuovo “in cima alla catena alimentare”, tra una birra e l'altra”.
Non si contano gli studi che fanno risalire il legame psicologico tra carne e mascolinità ai tempi dei cacciatori-raccoglitori, quando la caccia era riservata agli uomini, conferendo loro uno status sociale più elevato. E mi sembra chiaro che ancora oggi, questo simbolismo si è mantenuto, associando la carne agli ideali occidentali di forza e dominio sulla natura.
In generale, gli uomini consumano più carne delle donne, mostrando un atteggiamento più positivo nei suoi confronti e talvolta di resistenza a ridurne il consumo. Che il mondo animalista e più in generale l’adesione a un’alimentazione vegetale sia più ad appannaggio del genere femminile è chiaramente percepibile e lo dimostra anche un sondaggio – che rubo dal nuovo libro di Lorenzo Biagiarelli, Ho mangiato troppa carne (Cairo 2023) – sulle percentuali di vegane in Francia 72%, Stati Uniti 76% e Gran Bretagna 79%.
Altri studi suggeriscono che gli uomini vegani possano essere percepiti come meno virili rispetto a coloro che seguono una dieta onnivora, portando a possibili conseguenze sociali negative per chi sceglie di evitare la carne. Questa percezione, come dice la Dottoressa Roe, può spingere gli uomini a consumare carne per dimostrare la propria mascolinità e aderire così alle norme di genere. Un ulteriore elemento di differenziazione si riscontra nelle giustificazioni del consumo di carne tra uomini e donne. Pare che gli uomini utilizzano giustificazioni più dirette e ostinate, come l’idea che gli esseri umani sono superiori agli animali e sono destinati a mangiare carne, mentre le donne adottino strategie più indirette e di scuse, come dissociare la carne dagli animali.
Altre teorie sostengono che i pregiudizi contro le donne (sessismo) e gli animali (specismo) siano correlati. È stato altresì evidenziato che coloro che credono che gli animali siano meno importanti degli esseri umani tendono ad avere pregiudizi più accentuati nei confronti delle donne e di altri gruppi umani. In una dinamica riflessiva, coloro che manifestano atteggiamenti sessisti spesso ritengono che gli uomini siano superiori agli animali e che sia giustificato cibarsene. Questi risultati suggeriscono che il sessismo e lo specismo sono entrambi motivati dal desiderio di dominio su un gruppo percepito come inferiore. Ciò suggerisce a sua volta che i valori patriarcali plasmano gli atteggiamenti delle persone sia verso le donne sia verso gli animali.
E qui mi viene in aiuto Carol J. Adams, un’attivista immersa nella teoria, come si definisce, autrice di Carne da macello - La politica sessuale della carne (Vanda edizioni 2020) un must sulle interconnessioni tra femminismo e diritti degli animali. Con il suo concetto di referente assente Adams spiega l’interdipendenza fra la violenza simbolica e materiale esercitata sulle donne e sugli animali: “referenti assenti sono tutti quei corpi smembrati, macellati, stuprati, oggettivati che diventano, pertanto, consumabili”.
Concludo con un interessante spunto, che ho letto ieri per scrivere questo pezzo. L’evidenza che gli uomini mangia verdure sono considerati più effeminati rispetto agli onnivori suggerisce che le preoccupazioni per la difesa della loro mascolinità potrebbero dissuaderli nell'esplorare diete vegetariane. Così una strada per incentivare un'alimentazione più vegetale tra gli uomini potrebbe essere quella di promuovere il veganismo in modi compatibili con le norme maschili. Ad esempio, il documentario Netflix “The Game Changers” segue atleti a trazione vegetale e fa affidamento sui tradizionali stereotipi maschili di forza e atletismo per combattere l’immagine dispregiativa del “soy boy”, che ritrae gli uomini vegani come femminucce e fisicamente deboli. Tuttavia, come ha notato chi studia questi temi, la convalida degli ideali di mascolinità tradizionale potrebbe comportare altre conseguenze indesiderate dato che i tentativi degli uomini di conformarsi al machismo sono stati associati a innumerevoli problematiche, tra cui il rafforzamento delle strutture patriarcali che ostacolano agli uomini di esprimere compassione per gli animali
Invece, promuovere una mascolinità più inclusiva che consenta comportamenti comunemente percepiti come femminili potrebbe potenzialmente aiutare a ridurre il consumo di carne e altri comportamenti dannosi per gli uomini e coloro che li circondano. In effetti, più uomini aderiscono a questa “nuova mascolinità”, più positivo è il loro atteggiamento nei confronti del vegetarianismo e più forti sono le loro intenzioni di ridurre il consumo di carne. Allo stesso modo aumentare lo status degli animali potrebbe avere conseguenze positive su quello delle donne.
Insomma, gli stereotipi associati al cibo contribuiscono a rafforzare il costrutto sociale e le sue gerarchie, per cui quello che scegliamo di mangiare diventa un messaggio rivolto all’esterno, un modo per posizionarsi all’interno della società in cui ci troviamo.
I miei vecchi libri di sociologia servono ancora. Ciao alla prossima.
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