Le aquile continueranno a cadere dai loro nidi
Cos'è l'influenza aviaria e perchè è un problema (anche per noi)
Questa settimana non ho molto da annunciare, ho scritto un pezzo su una problematica che in Essere Animali seguiamo fin dal giorno zero. Se vuoi approfondire ulteriormente nel nostro sito si trovano tanti articoli con anche interviste a diversi esperti.
Animal farm News è divisa in tre parti, oltre a un articolo inedito ci sono due rubriche: Contenuti interessanti e Immagini che mi hanno colpito.
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IT-HPAI(P)-2021-00001 non è il tracking di una spedizione, ma il codice assegnato al Paziente Zero che in Italia ha contratto il virus H5N1. Era il 19 ottobre del 2021 e il paziente non era uno solo, ma erano 13.000. Tutti i tacchini di un allevamento di Ronco dell’Adige in provincia di Verona avevano preso un nuovo sottotipo di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI). Per l’esattezza il primo focolaio fu scoperto qualche giorno prima in un allevamento di AIA da 37.000 tacchini a Codigoro, in provincia di Ferrara. Credo che l’IZS non lo ritenga il primo focolaio perché lo classificò a bassa patogenicità… che strano dato che tutti gli altri furono considerati ad alta.
Anyway, da quel primo caso a oggi in Italia sono stati confermati 347 focolai che hanno portato all’abbattimento di oltre 13-14 milioni di avicoli (tacchini, polli da carne e galline ovaiole). Ho scritto oltre perché da febbraio 2022 l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie (IZS), ovvero il Centro di referenza per l’influenza aviaria istituito dal Servizio Sanitario Nazionale, ha smesso di fornire il numero degli animali coinvolti nell’epidemia. Questo, nonostante i focolai continuano a svilupparsi e gli animali a essere soppressi. Leggendo gli unici e ultimi dati diramati dall’IZS i numeri di questa seconda ondata di contagi sono molto più bassi della prima (ottobre 2021 – febbraio 2022), “solo” una decina di allevamenti colpiti nel 2023, ma a mio avviso per una questione di trasparenza sarebbe corretto continuare a fornire anche il numero di animali abbattuti.
Cos’è l’H5N1?
È un’infezione virale del ceppo A. Dalle FAQ del Ministero della Salute: “I virus influenzali di tipo A sono di grande importanza per la sanità pubblica a causa del loro potenziale zoonosico (trasmissione dagli animali all’uomo) e, data l’elevata trasmissibilità, nel caso in cui siano in grado di trasmettersi da uomo a uomo, possono essere in grado di causare una pandemia influenzale”.
È importante tenere a mente che l’influenza aviaria si diffonde normalmente tra gli uccelli, tuttavia si sono registrati casi anche tra i mammiferi, umani compresi. L’H5N1 fu individuato per la prima volta nel 1997 nei mercati di pollame e negli allevamenti di Hong Kong, in un periodo di forte espansione dell'industria avicola nell’Estremo Oriente. Dal 2003 al 2005, quando il virus dilagava in Asia orientale, i polli allevati in Cina erano il triplo rispetto al 1990. Nel 2013 in Cina sono state constatate infezioni umane, provocando “oltre 1500 segnalazioni di casi tra le persone, compresi molti decessi”.
Essendo anche gli uccelli selvatici, soprattutto di ambienti acquatici e palustri come anatre e cigni, una “riserva virale”, l’influenza ha viaggiato sulle loro rotte migratorie, arrivando ben presto in Europa, Medio oriente e Africa. La trasmissione fecale-orale è la modalità di trasmissione più comune.
A gennaio 2022 con la giornalista Sabrina Giannini sono andato nel trevigiano e, oltre ad aver filmato l’abbattimento di 300.000 polli broiler in un allevamento infetto, abbiamo parlato con diversi allevatori che ci hanno descritto i sintomi della malattia. Ci hanno riferito che l’influenza di solito arriva all’improvviso e, oltre a manifestare difficoltà di respirazione, gli animali cadono in uno stato letargico, mostrando debolezza e un'andatura barcollante con la testa che a volte tocca terra, hanno poi febbre e alcuni presentano addirittura tumefazioni in testa. Non mangiano, vanno in diarrea e per questo sono assetati. La mortalità può variare dal 50 al 100%.
L’area che ha registrato più contagi è (ovviamente) la Pianura Padana, qui si concentra il 70% dell’avicoltura italiana con più di 3.300 allevamenti intensivi e una capacità produttiva potenziale di circa 95 milioni di volatili. La densità di avicoli stimata in quest’area è di circa 10.000 animali per Km2, e può aumentare fino ai 70.000 in alcuni comuni della provincia di Verona. Verona è stata l’epicentro dell’epidemia. Questa spaventosa massa di animali, geneticamente omogenea per via della pesante selezione subita, confinata in un territorio lagunare come il Delta del Po dove centinaia di di uccelli acquatici transitano lungo le rotte migratorie, rappresenta un luogo ideale per la proliferazione del virus.
Secondo l'OMS – e sono dati vecchi usciti in un articolo del Guardian dove sono presenti le immagini di Essere Animali e anche un mio commento ;) – da ottobre 2021 il virus ha colpito e portato all’abbattimento di oltre 140 milioni di volatili. Tra questi, quasi 48 milioni in Europa e nel Regno Unito e 53 milioni negli Stati Uniti. Solo in Italia per risarcire gli allevatori verranno spesi 260 milioni di euro, metà provenienti dall’UE e metà dall’Italia. E io pago anche se non mangio i polli.
L’idea di scrivere questo pezzo sull’influenza aviaria mi è venuta mercoledì scorso dopo aver letto su “La Stampa” un articolo di David Quammen.
Tutti sanno chi è Quammen
Saggista e divulgatore scientifico americano è colui che con Spillover (Adelphi 2014) ha predetto l’arrivo del “Big One”: una pandemia causata da un coronavirus che avrebbe fatto un salto di specie da animale a umano.
Leggiamo Quammen, con le dita incrociate e toccando ferro: “Alcuni ricercatori hanno avvertito che con poche mutazioni, o forse solo un improvviso scambio di segmenti genetici, questo letale virus influenzale potrebbe acquistare la capacità di diffondersi da uomo a uomo. In verità, la prossima pandemia è già iniziata. Il termine preciso è panzoozia e si tratta di un'epidemia ampia e diffusa tra gli animali non umani. Questa pandemia è già in corso. Per afferrare l'entità di questa catastrofe, dobbiamo distogliere almeno un po' lo sguardo dagli esseri umani. L'H5N1 sta sterminando gli uccelli del pianeta. Stanno morendo aquile, gufi giganti dalle corna, falchi pellegrini e pellicani”.
Su quanti uccelli stanno morendo quel gufo di Quammen fa pure le battute: “Il Vangelo di Matteo dice che nemmeno un passero cadrà sulla Terra senza che Dio lo sappia e lo voglia, ma noi semplici umani non siamo in grado di contare quanti uccelli rapaci e acquatici, quante cornacchie, quanti pappagalli e altri volatili selvatici stanno morendo senza che lo si sappia. Il totale potrebbe essere drammatico per alcune popolazioni di uccelli, e potrebbe spingere le specie già a rischio più vicino all'estinzione”.
Non solo uccelli, il virus H5N1 è saltato anche sui mammiferi. Dai dati raccolti dall’World Organisation for Animal Health negli ultimi mesi sono stati circa 200 i focolai che hanno colpito i mammiferi. Dalla Cina al Canada passando da Estonia e Francia gli animali coinvolti sono stati: leoni marini, grizzly, puma, delfini… ma anche volpi in Inghilterra e visoni in Spagna.
Come dicono quelli che ne sanno, sconfiggere le zoonosi è a dir poco difficile perché non basta curare gli umani per impedire la propagazione del virus, ma bisogna eliminare la fonte dell’infezione. E come fare a controllare la propagazione di un virus come l’H5N1 quando nel mondo ci sono, in questo momento, miliardi e miliardi di avicoli negli allevamenti?
Ci viene in soccorso Quammen e in pratica dice: non è che si può fare molto con la gestione della fauna selvatica, per cui dobbiamo imparare a gestire meglio noi stessi. Per spiegare cosa intende, faccio prima a lasciargli la parola: “dovremmo riflettere su come il facile accesso nei supermercati a petti e cosce di pollo a buon prezzo, possa costituire un pericolo letale per gli sparvieri, i falchi e i gufi delle nostre foreste, le anatre e le strolaghe delle nostre paludi, gli avvoltoi che spazzano via le carogne, le cornacchie che ci divertono in città, gabbiani e le rondini di mare lungo le nostre coste, le oche selvatiche che ci piace sentir starnazzare quando migrano a sud nelle notti d'autunno. E le galline potrebbero diventare un pericolo per noi. Dovremmo tenere ben presente che quei 33 miliardi di polli e di galline da carne rappresentano un'enorme capsula di Petri per l'evoluzione continua dei virus influenzali. Uno solo di essi – così, a caso – potrebbe benissimo andare incontro a mutazioni tali da farlo diventare il prossimo incubo della specie umana”.
Grazie gufo! Anche oggi la dose di ansia è servita.
Contenuti interessanti
L’avrai gia ascoltato, ma se non l’hai fatto sentiti la puntata del podcast di Selvaggia Lucarelli che parla della sofferenza degli animali negli allevamenti intensivi, ah ci siamo anche noi.
Niente limiti alle emissioni dei bovini, la stretta dell’Ue affondata dagli interessi degli allevtori.
La Nuova Zelanda è la prima nazione al mondo a vietare l’eportazione di animali vivi.
Alcune isole in UK, famose per il birdwatching, rimarranno chiuse ai turisti dopo la moria di uccelli. Causata… indovina da cosa.
Il 25% delle acque dolci francesi sono utilizzate per irrigare i campi di mais. Dove va a finire il mais l’ho spiegato nella scorsa newsletter.
Un’immagine che mi ha colpito
Non è un’opera di Burri, ma una foto scattata in Catalogna. La Catalogna è il territorio spagnolo con il più alto numero di allevamenti di maiali. ChatGPT dice che nella regione si concentra il 30% dell’intera produzione iberica. Questa super siccità, non piove da 32 mesi, sta mettendo in ginocchio agricoltori e allevatori.
In questi giorni in Essere Animali, stiamo lanciando una campagna per assumere nuovi investigatori e investigatrici, se ti interessa o se conosci qualcuno che se la sente di documentare le peggio cose che subiscono gli animali compila o giragli questo modulo. Grazie!